Il Canale del Granduca fu costruito per prosciugare le acque del Pian del Lago che d’inverno vi stagnavano per 156 ettari per un’altezza di 5 braccia senesi (tre metri) e che nei periodi di siccità formavano un perenne lago di 93 ettari che dava il nome a tutto il piano. L’estendersi ed il ritirarsi delle acque faceva continuamente imputridire sostanze organiche, erbe e insetti, tanto da rendere, specialmente in estate, insalubri i dintorni. Per questo motivo i frati dei conventi di S. Leonardo e di Belriguardo si trasfervano nel convento di Pontignano, nella calda stagione, per tornare d’inverno ai rispettivi conventi.
Anche tutti i terreni limitrofi distanti dal lago rimanevano incolti e abbandonati, non potendo viverci gli agricoltori che si ammalavano. La malattia desolava fino al convento degli Agostiniani a Lecceto, e fino alle località di Celsa, S. Colomba, Fungaia, Fornacelle, Chiocciola, Abbadia a Quarto. Il “Canale” fu soprattutto opera del gentiluomo senese Francesco Sergardi Bindi che nell’impresa di prosciugamento del piano – considerata una pazzia dai contemporanei – dilapidò il proprio patrimonio, 37.000 scudi. I lavori per la costruzione del canale scolmatore sortterraneo il cui imbocco fu individuato nel piano fra i poderi Casalino ed Osteriaccia e il termine sul torrente Rigo da cui le acque sarebbero confluite nel Serpenna, nel Rosia, e quindi nel fiume Merse, furono difficoltosi e lunghi. In effetti iniziarono nel 1766 finendo nel 1774 soltanto; per avere ragione del calcare durissimo furono usate 18.577 libbre di polvere e più volte i lavori furono interrotti a causa delle contestazioni riguardo i confini da parte degli altri proprietari dei fondi a causa di inondazioni del piano dovute alle piogge (disastrosa quella del 21 dicembre 1770). La qualità dell’opera non proprio ineccepibile che rendeva poco soddisfacente lo smaltimento delle acque del canale maestro e dei vari fossi del lago fu oggetto di rimostranze da parte dei vari proprietari che si rivolsero al Granduca Leopoldo I° data l’impossibilità finanziaria del Bindi ad apportare le necessarie migliorie. Il Granduca “illuminato”, che proprio in quegli anni portava avanti una politica incentrata sui miglioramenti delle condizioni di vita dei contadini e sul recupero dei terreni paludosi in tutto il suo Stato, fece allungare il canale di 197 metri (portandolo quindi a 2.173 metri), lo dotò di spallette a volta di mattoni, sbasando e lastricando il fondo. Purtroppo, mentre rimane traccia ben visibile – con la guglia di marmo sopra l’incile – dell’intervento del Granduca, che si assunse tutto il merito dell’impresa, pressoché nulla è rimasto dell’opera meritoria del nobile senese. Fatto sta che agli inizi del 1781 l’opera poteva dirsi definitivamente conclusa e come tale fu consegnata al Collegio di Balìa da parte dell’Ingegner Bernardino Fantastici, assistente del Direttore dei Lavori, il matematico Pietro Ferroni e del tesoriere Cosimo Cennini, nominato dalla stessa Balia (…)
Tratto da “A pesca in Pian del Lago” di Ermanno Vigni – IL CARROCCIO n° 47, Settembre/Ottobre 1993.
Oggi il canale si presenta esattamente come allora, anche perché nei decenni seguenti alla sua realizzazione furono fatti pochi lavori di manutenzione, fino al progressivo abbandono iniziato già dalla seconda metà del XIX secolo. Nel 1994 il canale e gli argini del torrente Rigo presentavano una situazione di degrado, quasi una discarica a cielo aperto. L’intervento dell’associazione “La Diana” fu fondamentale per il recupero del patrimonio storico di questa terra, e tra l’altro fu una delle prime ‘imprese’ dei nostri soci. oggi, dopo un intervento di restauro da parte dell’Amministrazione Provinciale di Siena, si pesenta percorribile, usando prudenza e accortezza, per tutta la sua lunghezza.