“Fuori della Porta di Ovile, lontano quanto un trar di balestra, nel fondo della Valle che sta tra la via Chiantigiana e quella di circonvallazione di Porta Pispini, è una fonte, vero tipo senese, di mattoni con due archi in fronte e uno laterale che sostengono la doppia volta a crociera sovrastante al bacino d’acqua”. Così si legge sul Bargagli Petrucci riguardo alla Fonte di Ovile.
Come altre fonti di Siena, la Fonte di Ovile – una delle prime fonti senesi ricordate dai documenti, un tempo inserita nel contesto di un borgo – è un gioiello oggi appartato che si trova fuori dall’omonima Porta. Per ripercorrerne le vicende costruttive, dopo aver constatato che il nome “Ovile” deriva dalla presenza, nell’area, di numerose greggi, è necessario seguire con attenzione l’evoluzione della toponomastica. Nella zona, infatti, abbiamo tre fonti: la fonte “nova” indicata dai documenti è l’attuale Fonte di Ovile, che era “nova” rispetto a un’altra fonte che si trovava più a monte; poi c’è Fonte Nova, costruita successivamente, che si trova dentro le mura.
La Fonte di Ovile, terminata nel 1262 e alimentata da un proprio bottino, nasce fuori delle mura come altre fonti nel XIII secolo (Vetrice, Follonica, Fontebranda, Valdimontone), che venivano poi inglobate via via che la città cresceva.
La sua architettura è quella tipica di altre analoghe strutture senesi: grosse muraglie, archi acuti in facciata, volte a crociera. È probabile, sempre per analogia, per esempio con la Fonte di Pescaia, che ci fosse stato anche un coronamento di archetti e sovrastanti merli, poi distrutto.
Un acquerello di Alessandro Maffei (1790-1859), raffigura la fonte, nella prima metà del XIX secolo, in uno stato di conservazione abbastanza buono, frequentata da un animato gruppetto di lavandaie che si affaccendavano intorno alla vasca. L’immagine testimonia la presenza di un lavatoio ormai scomparso che costituiva parte integrante del sistema di vasche tipico delle fonti medievali senesi. Mostra anche l’esistenza in loco di quella lapide citata da Bargagli Petrucci, nella quale il Pecci aveva letto l’iscrizione:
Molte le differenze con l’aspetto attuale, sul quale hanno influito sia il progressivo abbandono, che ha determinato la perdita della sua funzione, sia una serie di restauri talvolta discutibili.
I dintorni della fonte mostrano un paesaggio quasi rurale e significative differenze anche sulle mura della città, come le tracce di archetti sul culmine di queste, la torre non ancora sbassata e la cortina senza interruzione con l’attuale barriera di San Lorenzo.
L’immagine mostra un edificio soprastante caratterizzato da un doppio ordine di arcate. Quella superiore costituisce un arioso loggiato con una purezza di linee che ricorda lo stile peruzziano. Questa struttura, tuttora esistente, è oggi degradata e irriconoscibile.